Scritto da Rachele Cervaro
Prima di viaggiare in Cambogia, sapevamo che avremmo visto la più grande struttura religiosa mai costruita, ma questo paese è molto più dei templi di Angkor. La Cambogia, spesso oscurata dai suoi vicini più popolari come destinazione turistica al di là di Angkor Wat, ci ha sorpresi con la sua gente accogliente, i paesaggi rurali pieni di vita e momenti autentici vissuti sia nelle città come Phnom Penh o Battambang, sia in isole quasi deserte dove sembra che il tempo si fermi.
In questo diario di viaggio in Cambogia vogliamo condividere la nostra esperienza così com’è stata: con giornate intense di storia, mercati caotici, viaggi sul treno di bambù, passeggiate per villaggi di pescatori e momenti di relax su spiagge dove l’unico rumore è quello del mare. Se stai pianificando il tuo itinerario nel paese, speriamo che queste pagine ti servano per ispirarti, orientarti e, perché no, per perderti un po’ insieme a noi in questi angoli così speciali del sud-est asiatico.
Angkor Wat: il complesso di templi più grande del mondo
Il viaggio dalle 4000 isole fino a Siem Reap è stato il viaggio più lungo e stancante da quando siamo nel sud est asiatico. Sono state 15 ore di viaggio, che ricordando i viaggi fatti in Sud America non sono poi così tante, ma siamo arrivati distrutti. Alla frontiera Cambogiana ci siamo scontrati con la famosa corruzione che c’è in questi paesi.
Volevano che pagassimo 2 dollari per metterci il timbro sul passaporto, ci siamo negati ed alla fine ci hanno detto di stare zitti e ce lo hanno messo senza pagare. Il colmo è che anche la persona del bus incaricata di timbrare i passaporti e fare il visto ci aveva chiesto 6 dollari per portare a timbrare i passaporti. Bhé alla fine tutti cercano di guadagnarci qualche cosa.
A Siem Reap siamo arrivati a mezzanotte e ci siamo diretti alla Yellow Guesthouse che ci era stata raccomandata da Walt il nostro amico Canadiense conosciuto a Muang Ngoi. Con noi ‘e venuto anche Miguel Àngel un ragazzo spagnolo conosciuto nel bus. Questo ostello è uno dei migliori in cui siamo stati, bello, pulito, personale gentile e l’ambiente familiare.
Il primo giorno ci siamo rilassati nella terrazza dell’ostello, abbiamo rincontrato Walt che casualità era a Seam Reap e con Miguel Ángel in un tuk tuk siamo andati a vedere il tramonto nel complesso di Angkor Wat.
Subito abbiamo capito che per i successivi tre giorni di visita dovevamo organizzarci bene se non volevano che in tutte le nostre foto al posto di esserci i templi ci fossero i cinesi. La sera siamo andati al mercato notturno, che dopo aver trascorso un mese nel tranquillo Laos ci è sembrato abbastanza movimentato.
Levataccia alle 4.30 per andare a vedere l’alba nel templo principale di Angkor Wat. Siamo arrivati tra i primi ed abbiamo potuto sederci in prima fila davanti a tutti i cinesi con il mega tripode. L’alba in questo luogo è davvero suggestiva, si vede il cielo cambiare colore ed il sole spuntare da dietro uno dei pinnacoli del tempio.
Con Miguel Àngel e tramite l’ostello abbiamo contrattato un tuk tuk molto economico che ci ha portato in giro tutto il giorno. Abbiamo visto il grande templo di Angkor Wat, poi il complesso di Angkor Tom dove si trovano i templi più famosi come il Bayon che forse è quello più incredibile di tutti. Qui c’era moltissima gente e non siamo rimasti molto anche perché sapevamo che saremo tornati in una fascia oraria più tranquilla.

Chiudemmo la prima giornata di visita ad Angkor Wat con il tempio Ta Prohm anche questo un templo molto conosciuto perché all’interno ci sono alberi enormi. Fu molto divertente perché Miguel Àngel cercava un albero che aveva visto in una foto, ma alla fine ce n’erano talmente tanti che no riuscì a riconoscerlo. La sera cenammo tutti e tre assieme dopo esserci fatti un massaggio cambogiano.
Il secondo giorno siamo andati ai templi di Roulos ma questo ve lo racconteremo nel prossimo post.
Il terzo giorno abbiamo noleggiato una bici e siamo ritornati nel complesso di Angkor Wat. Faceva molto caldo ma per fortuna buona parte della strada era all’ombra di grandi alberi.
Abbiamo visitato il tempio Banteay Kdei ed altri templi più piccoli, concludemmo la visita con il Bayon dove questa volta eravamo quasi soli.

n tutti i templi ci sono bimbi che vendono cartoline e sono molto carini perché parlano un po’ di tutte le lingue ti fanno morire dal ridere. Prima di lasciare definitivamente il complesso siamo andati a rivedere il tempio principale di Angkor Wat. Nonostante sia un luogo molto turistico questi templi sono unici al mondo e rimani a bocca aperta mentre li visiti.
L’ultima sera salutammo Siem Reap con una grigliata jemer nel mercato notturno. Ti danno un fornetto da campeggio, e tu cucini il tutto in una pentola speciale dove sotto va il brodo con i noodles e verdura e sopra si cucinano la carne ed il pesce. Gnam gnam!!
In una grande famiglia
Il secondo giorno della nostra visita al complesso di Angkor siamo andati a vedere i templi di Roluos appartenenti allo stesso complesso e che si possono visitare con lo stesso biglietto. I templi di Roluos si trovano a 15 km da Siem Reap. In sella alla nostra super bici noleggiata nella guesthouse abbiamo imboccato la strada principale con direzione Roluos. Il tragitto non è il migliore del mondo, è una strada molto trafficata, con bus, camion, macchine, moto, biciclette e gente a piedi ed in particolare il tratto anteriore all’uscita della città è molto trafficato.
I templi di Roluos sono più antichi di quelli di Angkor, risalendo al nono secolo e sono costruiti quasi interamente di mattoni. Tra tutti i templi, i due che sono in migliori condizioni sono il Bakong Lolei y Preah Ko più semplici di quelli di Angkor.
Di rientro a Siem Reap per non rifare tutta la strada principale abbiamo preso una parallela di terra e siamo passati tra risaie e villaggi. Al nostro passaggio tutte le persone adulte e bambini ci salutavano, ci sorprese molto la gentilezza dei cambogiani. C’erano molti bambini che facevano il bagno in un piccolo fiume e buoi che attraversavano la strada. A mano a mano che ci avvicinavamo ad una casa, dei bambini curiosi vennero in strada per vederci ci salutarono con un Hello! Erano tutti molto carini, ci fermammo un po’ con loro e gli regalammo alcuni braccialetti fatti a mano da noi. Sono stati molto contenti del regalo!! In Cambogia tutti sanno le parole hello e bye bye.
Avevamo letto che in questa zona ci sono vari orfanotrofi e ci faceva piacere andare a vederne uno. Alla fine trovammo l’orfanotrofio PACDOC Orphanage in Cambodia. Non appena essere entrati nel cortile un gruppo di bambini ci venne incontro, ci presero per mano ed iniziarono a farci vedere le camere da letto, l’orto, la cucina, il luogo dove coltivano i funghi, la scuola; ci stringevano talmente tanto la mano quasi per paura che scappassimo. C’erano due ragazzi di 20 anni, gli altri avevano circa 7-8 anni. Siccome studiano inglese tutti i bambini sapevano parlare un po’ anche se i più grandi erano le guide ufficiali.
Il bello è che grandi e piccoli sono di una semplicità disarmante, ci spiegarono un gioco che fanno e ci dissero che chi vince il gioco come premio riceve un frutto, nel momento in cui ce lo dicevano, sembrava che quel frutto rappresentasse un premio veramente importante.
Gábor ovviamente non si è lasciato scappare l’opportunità di giocare a pallone con i bambini, si sono divertiti un sacco anche se hanno sudato 7 camicie.
Dopo avergli dato un piccolo regalo, abbiamo salutato questa favolosa famiglia con una foto di gruppo e gli auguriamo il meglio del meglio! È stato un pomeriggio da ricordare, per alcune ore ci siamo sentiti parte di questa meravigliosa famiglia dove i bambini si vogliono un sacco di bene, si prendono cura uno dell’altro/a e, nonostante la differenza d’età sono tutti uguali. Un giorno torneremo a trovarli per più tempo!
Se qualcuno volesse fare un po’ di volontariati in questo orfanotrofio può scrivergli una mail a chairman@pacdoccambodia.org
Battambang: il paese dei sorrisi
Battambang è una città più grande di Siem Reap, anche se la prima sensazione che abbiamo avuto è stata quella di arrivare in una cittadina. Nonostante sia a metà strada tra Siem Reap e la capitale è una città relativamente poco turistica. Abbiamo trovato una sistemazione nel centro ma quando siamo usciti per cena verso le 20.00 quasi tutto era chiuso e le strade erano molto buie.
La mattina abbiamo fatto una passeggiata al mercato e ci siamo sorpresi della gentilezza delle persone, tutte le ragazze che lavorano nei negozi di sartoria e perfino la parrucchiera ci sorridevano ed erano contente se gli facevano delle foto.
La parte più bella della città è quella sulle sponde del fiume in cui ci sono molte case dell’epoca coloniale francese. Per fortuna abbiamo trovato una coppia di ragazzi tedeschi molto simpatici con cui abbiamo condiviso un tuk tuk per andare e vedere le cose principali che si trovano fuori città: il treno di bambù e la killing cave.
Il treno di bambù è un mezzo di trasporto che usavano le persone che vivevano nei villaggi lontani per arrivare alla città. Si tratta di una piattaforma di legno con un motore posta sopra delle ruote di ferro che girano su dei binari.
Adesso il treno si utilizza maggiormente per i turisti anche se ci sono a volte delle persone locali che lo usano ancora. Con noi salirono un ragazzo ed un signore. I binari si trovano in mal stato e delle volte ci sono dei buchi nelle giunture che, con la velocità di 25-30 km/h che fa il treno, fanno in modo che il treno salti un po’. Il bello della cosa sta nel fatto che se viene un treno nella direzione opposta uno dei due treni si deve smontare per far passare e poi rimontare, è divertente!!

Camminando incontrammo un’altra bambina che come ci ha visto si è messa a cantare “Gangnam Style” ed abbiamo ballato assieme. Ufff, anche qui in mezzo al nulla conoscono sta canzone!!!
Dopo il treno di bambú siamo andati a Phnom Sampeau una collina dove ci sono varie cose interessanti da vedere. C’è una grotta in cui durante il regime del Khmer Rouge uccisero molte persone, gli sparavano o gli tagliavano la gola o semplicemente li tiravano giù vivi. Durante il pranzo il conduttore del tuk tuk ci aveva raccontato alcune cose su quest’epoca molto triste che durò alcuni anni nella quale vennero uccisi 3 milioni di persone. Nella cava c’erano anche dei teschi e della ossa di alcune delle persone che qui morirono.
Nella cima della collina c’è un templo buddista da cui si può vedere il tramonto, siccome era nuvoloso siamo scesi prima.
Tutti i giorni verso le 18 inizia lo spettacolo. C’è una rottura nella montagna dove vivono non sappiamo quanti ma crediamo milioni di pipistrelli ed alle 18 escono dalla tutti assieme, è una scia di uccelli neri che dura 20 minuti, qualche cosa di incredibile!!
Una piccola Venezia in Cambogia
Quando allo scendere dal bus c’è solo un tuk-tuk che ti aspetta, significa che sei capitato in un luogo molto poco turistico. A Pursat il tuk-tukero ci portò in un hotel buono ed economico, ovviamente non c’era nemmeno l’ombra di un straniero; siamo andati a fare un giro per le guesthouse che sono molto brutte e non ne abbiamo trovato nessuno.
Siamo arrivati fino a qui per vedere Kompong Luong, una città galleggiante che si trova sul fiume Tonlé Sap e che dipendendo della stagione (di pioggia o meno) si sposta di alcuni km. Siamo riusciti a spuntare un prezzaccio con il tuk-tukero affinché ci portasse a Kompong Luong.
Mentre stavamo pranzando abbiamo visto un ragazzo tedesco che era appena arrivato e non abbiamo perso il tempo per convincerlo a venire con noi, in maniera da abbassare i costi.
La città galleggiante si trova a 50 km circa da Pursat, il viaggio in tuk-tuk è stato abbastanza lungo. La strada che porta al villaggio galleggiante è una principale dove passano tutti i camion e le corriere dirette alla capitale, noi ci sentivamo delle formichine a confronto.
A bordo di una barca siamo partiti alla scoperta di questa Venezia stile Cambogiano, o meglio una comunità vietnamita che vive in terra Cambogiana. Quasi non c’erano turisti ed abbiamo potuto immergerci nella vita vera delle persone che qui abitano. È impressionante vedere come vivono in case di legno galleggianti molto piccole.
Tutto è galleggiante: le case, la scuola, la chiesa, i negozi. I bambini vanno a scuola in barca, dato che non c’è altra forma di muoversi. Abbiamo visto bambini tornare da scuola in barca, persone trasportare merci in piccole barche, la scuola, una chiesa, un tempio buddista, moltissimi negozi incluso quello di elettrodomestici, lo scuola bus barca, i maiali che sembravano galleggiare, bambini facendo il bagno e tutte le persone molto sorridenti che ad ogni passo ti salutavano.

Phnom Penh: scompare il lago, appare la vela
Arrivare nella capitale della Cambogia è stato un calvario e non per la distanza. Se il buongiorno si vede dal mattino, dovevamo avere già capito fin da subito che non sarebbe filato tutto liscio.
Quando a Pursat siamo andati per comprare il biglietto del bus ci dissero che dovevamo aspettare fino alle 12.30, erano le 9.30. Rassegnati siamo andati in un bar a passare il tempo e quando siamo ritornati ci hanno messo in un bus con tutte persone locali, su questo nessun problema non fosse per il fatto che questo benedetto bus si fermava ogni mezz’ora, per mangiare, fare pipì, comprare cose e quando arrivammo a Phnom Phen sembrava che si fermasse di fronte alla casa di ogni singolo passeggero.
Il bus che dovevamo prendere ci doveva lasciare in centro ma non fummo sorpresi di vedere che alla fine ci lasciò fuori. Contrattammo il prezzo di un tuk-tuk, il ragazzo che guidava non aveva la minima idea di dove fosse l’ostello che volevamo. Arrivati all’ostello ci chiese più soldi; qualsiasi altro giorno lo avremmo preso con un sorriso e di una buona forma ma oggi no, ci siamo messi a discutere ed alla fine abbiamo pagato quanto avevamo stabilito. Diciamo che Phnom Phen non ci ha accolto a braccia aperte!
Per fortuna l’impressione della città migliorò con il passare dei giorni. Phnom Phen è una cittá molto grande con moltissimo rumore de un sacco di traffico. Come tutte le città grandi e piccole asiatiche non è pedone friendly, nei marciapiedi si trovano banchi di cibo, macchine, moto tutto insomma a parte dei pedoni. Totalmente diversa dalla capitale Laosiana nella quale c’è un caos calmo qui c’è un caos caos, ed anche questo è parte della sua bellezza.
Siamo arrivati nella capitale cambogiana giusto giusto la settimana in cui c’erano le celebrazioni per il funerale del re di Cambogia. Il re morì lo scorso ottobre in Cina e questa settimana per il rientro del corpo in patria era una settimana di festa.
Camminando nelle vicinanze del palazzo reale e vicino al fiume c’erano uomini, donne, bambini e ragazzi/e vestiti con una gonna o pantalone nero ed una camicia bianca in segno di lutto. Molti di loro avevano una coccarda con la foto del re de i più fanatici si compravano addirittura foto del re con la sua famiglia. Le foto non erano solo quelle recenti, compravano anche le foto di quando il re era giovane. Per noi è una cosa strana ma si vedeva proprio che le persone lo amavano.
Ci siamo rilassati abbastanza in questo caos caos, abbiamo passeggiato per quartiere lussuoso BKK1 dove ci sono tutti gli espatriati con le loro ville, ristoranti carissimi che non sembra nemmeno di essere in Cambogia. Siamo stati in un mercato vicino all’ostello molto movimentato e tutto colorato di rosso, tra poco è il capodanno Cinese e tutto sta per essere decorato. Abbiamo passeggiato sulle rive del fiume Tonlé Sap e visto dove questo fiume si unisce con il Mekong. Phnom Phen è una città con molti contrasti, c’è molta povertà, ma allo stesso tempo stanno sorgendo grattacieli ed edifici moderni, e come Barcellona anche Phnom Phen ha il suo grattacielo a forma di vela.
Abbiamo camminato un bel po’ cercando il famoso lago che è una delle attrazioni principali della città. Dopo aver cercato il lago e non averlo trovato abbiamo chiesto indicazioni alle persone locali e ci hanno risposto che il lago non c’è più, che circa un anno fa una azienda ha comprato la terra ed ha chiuso il lago. Pensate che nell’edizione più aggiornata della Lonely Planet si parla di questa zona come la zona in cui ci sono gli ostelli con vista al lago, ed il lago non c’è più!
Non potevamo non andare a vedere il Museo de Genocidio Tuol Sleng risalente all’epoca della dittatura dei Khmer Rouge. I Khmer Rouge avevano trasformato una scuola in un carcere in cui torturavano i prigionieri. È un luogo molto impressionante, durante la visita tutti quanti rimangono in silenzio. Vedendo le piccole celle, gli strumenti di tortura e le foto molto dure di alcuni delle tre milioni di persone che sono morte ti fa vergognare un po’ il fatto che nel nostro mondo occidentale non si sappia quasi nulla di questa recente epoca.
Lasciamo la capitale Cambogiana, e per la prima volta nella seconda parte di questo viaggio andiamo al mare.
Gli italiani ci salvano dall’anno nuovo cinese!
Dopo tanti templi e tanta cultura per fortuna siamo arrivati nelle spiagge della Cambogia. Si, perché molti non sanno che in Cambogia ci sono spiagge molto belle. La città costiera più conosciuta è Sihanoukville che si trova nel sud della Cambogia nel golfo di Thailandia.
A Sihanoukville ci sono varie spiagge, quelle centrali che generalmente sono piene di turisti e quelle un po’ più fuori che sono le più tranquille. Noi avevamo deciso di andare in quella che dovrebbe essere la più tranquilla, la spiaggia di Otres.
Di fronte al mare ci sono varie guesthouse. La spiaggia di Otres è molto lunga ed è di sabbia bianco-giallastro con un’acqua verde. È molto carino e tranquillo. I primi due giorni in cui siamo stati qui abbiamo goduto della tranquillità del luogo, abbiamo preso il sole, fatto il bagno e scritto il blog.
I bungalow sono un po’ più cari del normale ed il cibo è abbastanza caro per il nostro budget. Meno male che c’era un ristorante locale che faceva prezzi locali e la sera un banchetto che vendeva noodle soup.
Volevamo andare a vedere un’isola; all’inizio pensavamo a Kong Rhong Samloem dove dicono ci siano spiagge di sabbia bianca e sia molto tranquilla. Parlando però con una signora locale scoprimmo che Kong Rhong Samloem non è più un luogo tranquillo perché hanno costruito molti bungalow e ci consigliò di andare a Koh Ta Kiev. Alla fine le abbiamo dato ascolto e siamo andati a Koh Ta Kiev, ma questo ve lo racconteremo in un altro post.
Rientrammo dall’isola molto sereni dato che avevamo prenotato e pagato un bungalow nella spiaggia di Otres. Ma siccome non sempre può filare tutto liscio, quando siamo arrivati, il bungalow non c’era più e ci dettero i soldi indietro. Nemmeno a dirlo gli abbiamo piantato un casino e Gábor, preso dal nervoso, ha tirato per terra tutti i libri ed i volantini che c’erano nel bancone della reception.
Non fosse stato per il maledetto anno nuovo cinese, avremo trovato un altro bungalow, ma tutto era pieno così alla fine abbiamo deciso di andare a Sihanoukville centro per vedere se trovavamo qualcosa. Quando siamo arrivati a Sihanoukville la prima volta, prima di andare alla spiaggia di Otres, ci eravamo fermati a mangiare una pasta al ristorante Spaghetti House dove un italiano fa una pasta buonissima a prezzo cambogiano. Così ci siamo fatti portare direttamente alla Spaghetti House ed abbiamo chiesto al proprietario di indicarci degli ostelli. Ovviamente era tutto pieno anche qui. A mano a mano che camminavamo c’erano meno guesthouse e più feste, da tutte le parti la musica era altissima e tutti erano già pronti per accogliere il nuovo anno. Ad un certo punto ci siamo fermati al ristorante Mediterraneo dove c’era scritto che affittavano stanze, in realtà non erano del ristorante ed ad ogni modo erano complete.
Meno male che abbiamo incontrato Michele, uno dei soci del Mediterraneo, che ci disse che aveva una stanza. Michele ci ha salvato dall’impossibile anno nuovo cinese che ci stava disturbando non poco.
Ovviamente la sera ci siamo rilassati al ristorante Mediterraneo con una buona pizza ed una mega birra. Se passate di qui, il ristorante Mediterraneo è un posto accogliente dove si mangia benissimo e se poi è sabato ancora meglio dato che hanno una promozione di pizza e birra a 5 dollari.
Meno male che esiste la comunità italiana a Sihanoukville! Sono circa trenta gli italiani che vivono qui e che hanno aperte varie attività. Michele con due soci ha la pizzeria-ristorante Mediterraneo che fa pizze buonissime e Stefano ha la Spaghetti House dove si mangia una vera pasta italiana, con sugo e pesto fatti in casa e la razione è più che abbondante, il tutto per 2 dollari.
Siamo stati a Sihanoukville un giorno e mezzo e siamo stati tutto il tempo tra amici.
Per salutare questa città per noi tanto accogliente, l’ultima sera siamo andati alla spiaggia di Serendipity e abbiamo mangiato un bel piatto di pesce ai ferri con insalata e patate per 3 dollari, di fronte al mare ed al lume di candela.
Vogliamo ringraziare Michele e tutta la comunità italiana di Sihanoukville per la simpatia con la quale ci hanno accolto e per l’aiuto che ci hanno dato.
La nostra casetta sull’albero
Chi non ha mai sognato di vivere in una casa nell’albero? Noi lo abbiamo fatto ed è stato meraviglioso.
Koh Ta Kiev non si trova in Ucraina bensì è un’isola della Cambogia ad un’oretta dalla spiaggia di Otres.
Dopo tanto pensare in quale isola volevamo andare, ci siamo decisi per questa, e la scelta non poteva essere più azzeccata.
Con il biglietto della barca per l’isola veniva incluso un tour (non c’è altra forma di arrivarci). Partendo dalla spiaggia di Otres, abbiamo fatto due fermate: una per fare snorkelling dove abbiamo visto dei ricci di mare enormi ed un’altra per mangiare pollo ai ferri. Il tour si fermava un po’ a Koh Ta Kiev e poi ritornava in giornata; a noi ci lasciò lì.
Koh Ta Kiev è un’isola dove ancora non è arrivato il turismo di massa, ci sono solo tre complessi di bungalow che hanno massimo 7-8 capanne ciascuno.
L’isola è molto tranquilla, ci sono delle barche di turisti che arrivano durante il giorno ma non disturbano molto perché alle 14-15 se ne vanno.
In questi due giorni ci siamo goduti quasi da soli la spiaggia di sabbia gialla e il tranquillo e caldo mare (l’acqua sembra una piscina che è stata al sole). Qui l’anno nuovo cinese non ci disturbava, è un’oasi di tranquillità.
L’unico neo dell’isola è che il mangiare è molto caro e considerando la poca distanza che c’è con la terra ferma il prezzo non è giustificato. Meno male che ci eravamo portati dei noodle istantanei così solo dovevamo chiedere acqua bollente e siamo riusciti a risparmiare qualcosa.
Sull’isola non c’è elettricità, accendono il generatore dalle 18 alle 21.
A parte la spiaggia che spesso abbiamo potuto godercela completamente soli, la cosa migliore è stato dormire sull’albero.
Buona parte dell’isola è coperta da foresta tropicale e passeggiando nel bosco abbiamo incontrato alcuni animaletti molto simpatici.
Dei tre complessi di bungalow, uno è costruito nel bosco ed hanno fatto delle capanne sugli alberi. Anche se è un po’ più caro degli altri, ne vale la pena. Il bungalow ha pareti di bambù, tetto di paglia ma non c’è la porta e si sale alla stanza per una scala a pioli.
Nella parte che si affaccia sul mare c’è una finestra enorme senza vetro per potersi godere del panorama. Bellissimo, ci è piaciuta molto questa capanna: dormire ascoltando il rumore del mare, l’aria che entra, il rumore di mille animali durante la notte, il tramonto, l’alba ed accendere una candela la sera perché qui non c’era il generatore.
In questi giorni ci siamo rilassati molto sulla spiaggia e ci siamo goduti la nostra capanna sull’albero.
Koh Ta Kiev è un’oasi di pace.
Granchi per colazione, pranzo e cena
L’altra isola Cambogiana che volevamo andare a vedere era Koh Tonsay, chiamata anche l’Isola del Coniglio. Molto presto la mattina siamo partiti da Sihanoukville con un minivan che ci portò fino a Kep, da qui siamo riusciti a spuntare un buon prezzo per una barca che ci portò all’isola di Koh Tonsay.
Ma quando finisce quest’anno nuovo cinese? Continua a perseguitarci, i bungalow dell’isola non solo hanno raddoppiato i prezzi ma sono anche tutti pieni. Meno male che alla fine ne abbiamo trovato uno per un prezzo accessibile. L’isola è abbastanza grande e si può fare tutto il giro a piedi in due orette. È una passeggiata molto gradevole, la vegetazione cambia da un alto all’altro dell’isola. In uno ci sono palme altissime e nell’altro la vegetazione è più densa, simile a un bosco.
Abbiamo fatto una tranquilla passeggiata perdendoci a guardare tutte le spiaggette che ci sono, ascoltando molti tipi di uccelli differenti, non per nulla è uno dei paradisi per gli “birds watchers”.
In questa zona è tipica la pesca ai granchi. In tutta l’isola ci sono villaggi di pescatori che si dedicano a questo tipo di pesca. Abbiamo parlato con un pescatore che stava rattopando la sua rete per la pesca dei granchi. Rachele si ricordò di uno zio che andava a pescare con la bilancia e sempre rattoppava la rete. Con lui c’era sua figlia, una bambina adorabile e molto timida; le abbiamo regalato un braccialetto e fu molto contenta, anche se la sua timidezza le impediva di dimostrarlo e si limitò a ringraziarci più volte.
Poco più in là un altro pescatore stava uscendo dall’acqua con la sua rete e quando ci vide ci chiamò e ci disse di aspettare. Quando uscì dall’acqua ci fece vedere la rete piena di pesci piccolini, probabilmente la cena sua e della sua famiglia, e volle una foto con Gábor. Un momento molto divertente e piacevole.
Nell’isola del coniglio non c’è molto da fare, il must è rilassarsi nella spiaggia di sabbia gialla all’ombra di una palma leggendo un buon libro e bevendo acqua di cocco.
Nonostante l’anno nuovo cinese l’isola era tranquilla, la maggior parte delle persone venivano a trascorrere la giornata. La cosa migliore dell’isola sono i crostacei freschissimi, buonissimi ed economici. Vi abbiamo già detto che qui il granchio è una istituzione: ogni ristorante ha la sua propria rete in mare e quando un cliente ordina granchi li prendono direttamente dalla rete vivi, li cucinano e li servono; più freschi di così! Ovviamente abbiamo fatto il pieno di granchi (che non potevano mai mancare sulla nostra tavola), di pesce e di gamberetti, il tutto accompagnato da una buona birra Angkor.
L’idea originale era da qui andare in Vietnam ma all’ultimo abbiamo deciso di ritornare a Siem Reap, rientrare in Thailandia e lasciare il Vietnam per più avanti. Il rientro a Siem Reap non è stata esattamente una passeggiata. Un’altra volta l’anno nuovo cinese ci ha dato del filo da torcere ed al posto di arrivare a Siem Reap abbiamo dovuto fermarci a Kampot una notte.
Siccome tutte le ciambelle non riescono con il buco, a Kampot Gábor ha trascorso una notte orrenda, tra il bagno ed il letto; il giorno successivo quando siamo arrivati a Siem Reap tutto era pieno e abbiamo trovato solo un ostello carissimo. L’unica cosa buona del viaggio è stata una signora che ci ha dato un sacco di cose da mangiare, non sappiamo se le facevamo pena o se voleva farci provare prodotti locali. Bangkok ci aspetta.
Lasciamo la Cambogia con un po’ di tristezza, è uno dei paesi del Sud Est Asiatico che più ci è piaciuto fino ad ora. Le persone sono molto gentili e sorridenti e ce ne andiamo con un gran bel ricordo.
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