Scritto da Rachele Cervaro
Il Myanmar sorprende fin dal primo istante: da una parte ricorda altri paesi del Sud-est asiatico, dall’altra ha qualcosa di diverso, un carattere tutto suo. Nelle sue strade convivono mercati tradizionali e tracce del passato coloniale, villaggi che mantengono vive le proprie usanze e paesaggi in cui templi millenari si innalzano tra montagne e laghi. Questo intreccio crea un’atmosfera unica che invita a scoprire il paese con calma, cogliendo ogni dettaglio.
Durante il nostro viaggio, dalla vivace Yangon ai templi di Bagan, passando per il trekking da Kalaw al Lago Inle, abbiamo vissuto esperienze che vanno ben oltre un semplice itinerario turistico. Questo diario raccoglie alcuni di quei momenti che ci hanno lasciato il segno: gli incontri con la gente, i sapori, le tradizioni e quel modo di intendere la vita così caratteristico del Myanmar.
Qui condividiamo paesaggi indimenticabili, esperienze speciali e consigli utili per chi desidera conoscere questo paese con tranquillità, senza fretta e con la mente e il cuore aperti.
Myanmar: Un Sud Est Asiatico un po’ diverso
Lasciato uno zaino grande a Bangkok a casa del nostro amico, cosa che sarà una nuova sfida viaggiare con solo uno zaino, siamo arrivati a Yangon, la capitale della Birmania (noi la chiameremo così anche se ufficialmente dal 2005 non lo è più) ed abbiamo trovato esattamente ciò che avevamo ascoltato da altri viaggiatori, o per meglio dire non lo abbiamo incontrato…. alloggio. Sapevamo che la Birmania sta vivendo un boom turistico grazie al fatto che il visto si ottiene molto più facilmente (anche in giornata), alla visita di Obama ecc.. Le infrastrutture però non sono preparate ad accogliere così tante persone e molti hotel ed ostelli hanno aumentato i prezzi in una maniera spaventosa dato che c’è molta più domanda che offerta. Ci abbiamo messo un’oretta ad incontrare un ostello abbastanza decente ad un po’ più economico degli altri; era tutto pieno. Yangon è una città abbastanza tranquilla nonostante il traffico di autobus e macchine; è vietato circolare in moto cosa che riduce di molto il rumore. La prima impressione è che la gente è molto gentile e nonostante la presenza di turisti le persone locali ti guardano molto, tutti ti sorridono specialmente le ragazze che sorridono in particolar modo a Rachele.
L’alfabeto Birmano è molto strano, le lettere sono tutte cerchietti e sembrano tutte uguali, anche i numeri si scrivono con simboli rotondi. Per sapere quale bus locale prendere è una bella sfida e bisogna sempre girare con un foglietto in cui c’è scritto il numero nostro ed in caratteri locali dato che molte persone non sanno leggere le lettere ed i numeri arabi.
Nonostante la religione principale in Myanmar sia il buddismo, abbiamo incontrato molte moschee e chiese. In una moschea abbiamo fatto due chiacchiere con un signore che ci raccontò che ci sono 99 moschee nel centro della città e che risalgono all’epoca coloniale quando gli inglesi avevamo molti contatti con i musulmani.
Yagon è una città piena di vita con molti banchetti in strada e molti edifici coloniali dell’epoca inglese. La prima cosa che abbiamo fatto dopo esserci svegliati è stato andare in una banca a cambiare i dollari in moneta locale. Vi abbiamo già detto che in Birmania bisogna venire con dollari nuovi di trinca perché te li cambino in kyatts (moneta locale), non accettano dollari se sono stati piegati o se hanno un piccolo difetto. Da quello che sapevano nel paese non ci sono bancomat, ne abbiamo visti alcuni ma non sappiamo quanto si può prelevare e a che condizioni. Quando siamo entrati in banca ci sorprese vedere che due ragazze ci hanno aperto le porte per accoglierci e che dentro ci lavorano solo donne (al meno a contatto con il pubblico) vestite con una divisa molto elegante. Sia il cambio dei dollari che degli euro è buono, anche se quelli dei dollari è un po’ migliore. In Birmania non esistono biglietti grandi così anche se cambi pochi soldi ti senti come paperon de paperoni $$$$$$$$
Ricchi e contenti siamo andati a fare una passeggiata per la città, siamo passati per l’edificio coloniale forse più importante: il comune, abbiamo dato un occhio alla pagoda Sule Paya, ci siamo immersi nella baraonda della città con molti mercati e banchetti di cibo da tutte le parti.
Abbiamo visto l’edificio del tribunale e la dogana ed abbiamo cercato di andare a vedere il fiume ma siccome nelle sponde c’è il porto non ci siamo riusciti, in compenso abbiamo visto un mercato di banchi di cibo dove solo c’erano locali e dei ragazzi che giocavano a Sepak Takraw ricordate? Il gioco con la palla di bambú che avevamo visto in Laos.
Fin da subito ci siamo resi conto che i Birmani hanno molto in comune con gli Indiani, masticano una foglia che gli colora la bocca tutta di rosso, ti guardano molto ed il cibo è pieno di spezie simili a quelle della cucina indiana come il buonissimo byriani con pollo e agnello che abbiamo mangiato.
Il pomeriggio con un autobus locale siamo arrivati fino al lago Kandawgyi. Il governo cerca di spillare più soldi possibili ai turisti facendogli pagare qualsiasi cosa perfino l’entrata al parco. A noi sembrava un po’ ridicolo dover pagare per andare a vedere un parco ed abbiamo trovato la maniera di entrare senza pagare attraverso il parcheggio del ristorante. Il parco è molto bello con molti ponticcioli nel lago ed un sacco di coppiette sedute da tutte le parti.
Il monumento più importante della città lo abbiamo lasciato per ultimo. Poco prima del tramonto siamo andati alla Shwedagon Paya che è la stupa più impressionante che abbiamo visto. La Shwedagon Paya è alta 100 metri ed è la pagoda più importante del paese. Abbiamo trascorso qui un bel po’ di tempo aspettando la sera per vederla illuminata; molto suggestiva. Qui abbiamo rincontrato Gerard e Amanda i ragazzi americani con cui avevamo condiviso il taxi dall’aeroporto al centro della città.
Qualche curiosità: la differenza oraria con Thailandia è di mezz’ora, nei templi in Myanmar non è sufficiente togliersi le scarpe prima di entrare bisogna togliersi anche i calzini. Un’altra cosa curiosa è stato trovare dei computer dentro la pagoda con l’etichetta “Foreigners Only” (riservato agli stranieri), mentre negli ostelli non c’è il wi-fi.
Salutiamo Yangon che rivedremo prima di prendere il volo di rientro ed andiamo a Bago.
Bago: una cittá tra pagode
Addio pace di Yangon!! Bago è una città molto rumorosa e polverosa piena di moto, in cui ci sono moltissime pagode ed altri monumenti buddisti.
Abbiamo alloggiato all’ostello San Francisco Guesthouse, molto semplice ma economico e con un personale molto molto gentile. Le due sorelle che lo gestiscono ti aiutano moltissimo e ti dicono tutto quello che bisogna fare per evitare di pagare i biglietti d’entrata nei templi, dato che i soldi vanno al governo, sono molto costose e la popolazione non ne ha alcun beneficio.
Nel tempio Shwemawday Paya si trova la stupa più alta di tutta la Birmania, l’entrata costa 10 dollari, ma dopo le 16.30 non ci sono più controlli quindi si può entrare gratis, altrimenti dall’entrata est (opposta all’entrata principale), si può entrare gratis a qualsiasi ora dato che non ci sono mai controlli.
Siamo entrati senza nessun problema, abbiamo fatto un giro nei templi ed ammirato l’enorme stupa. E’ bello ma abbastanza sporco e dato il prezzo del biglietto non c’erano quasi turisti. Davanti all’entrata est c’è un porticato lunghissimo che porta ad un altro tempio. Appena messo piede nel porticato tre bambini (due femmine ed un maschietto) molto carini e sorridenti, ci corsero incontro e non ci lasciarono fino alla fine. La bambina più piccola aveva il viso dipinto con il thanaka un trucco fatto con una radice, pertanto naturale, che le donne, i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze usano per scopi estetici. A Rachele piace molto questa cosa così originale, Gábor non la trova così bella, infine questo trucco protegge anche la pelle dal sole. Anche gli uomini lo usano fino a che non raggiungono l’età adulta.
Passeggiammo con i bambini fino al tempio, gli demmo dei braccialetti ed cercammo di interagire con loro, non è stato molto facile; ma dei sorrisi sistemano tutto!!! Sotto questi portici molte volte c’erano degli altari buddisti ed i bambini ci dicevamo quando dovevamo toglierci le scarpe, ci indicavano il cammino e ci insegnarono che la bambina più grande poteva salire in cima ad un albero per prendere della frutta mentre gli altri due rimanevano a terra per raccogliere la frutta che lei tirava dall’albero. Nel frattempo ci raggiunsero altri bambini e si misero a giocare a calcio con Gábor.
Salutammo i nostri amici e ci dirigemmo al Budda disteso o meglio, ai Budda distesi. Uno, il più nuovo, si può vedere sempre senza pagare nulla, per l’altro bisogna aspettare le 17 ora in cui le persone addette ai biglietti se ne vanno. Sono molto belli entrambi e vale la pena vederli.

Terminammo la giornata visitando l’ultimo tempio con un’altra stupa, la verità è che per oggi siamo un po’ saturi di templi.
Un altro monumento molto importante che si trova nelle vicinanze di Bago è la Roccia Dorata, una roccia che secondo la credenza buddista rimane in equilibrio su un capello di Budda ed è resistita in questa posizione a terremoti ed ad altre calamità naturali. Non è molto facile arrivarci, il viaggio è lungo e stancante (almeno se scegliete l’opzione economica per arrivarci). Alle cinque della mattina siamo saliti su un furgone pieno di donne con tipo dei cannoli fritti (qualcosa di simile al churro spagnolo) che andavano a venderli ai mercati. Il viaggio è stato lungo ma divertente, il paesaggio molto bello e ci siamo divertiti ad osservare la gente che saliva e scendeva. Ad un certo punto sono salite una decina di donne indiane tutte vestite e truccate bene; non la smettevano di parlare di noi, eravamo il centro delle loro attenzioni.
Per fortuna, dopo varie fermate, una gomma bucata ed un cambio di furgone siamo arrivati a Kimpon da dove partono i camion che portano fino in cima alla montagna dove si trova la Roccia Dorata. Non abbiamo capito l’ordine in cui i camion partivano, noi abbiamo aspettato un’ora e nel frattempo ne sono partiti cinque che erano arrivati dopo del nostro… mah!!
Quando il camion si fermò, ci aspettavano ancora 45 minuti di salita e scalini per arrivare alla roccia. Si paga l’ingresso, qui non c’è forma di evitarlo, e si accede al recinto. Le donne devono rimanere ad almeno dieci metri di distanza dalla roccia. Abbiamo fatto alcune foto, guardato la roccia intensamente per alcuni minuti per vedere se ci diceva qualche cosa; non ci disse nulla e siamo rientrati a Bago. La Roccia Dorata è bella ma nulla di così imperdibile.
Siamo dovuti rimanere a Bago una notte in più perché ci siamo presi un po’ di diarrea del viaggiatore, presto o tardi doveva succedere.
L’ultima mattina siamo andati a vedere il mercato e ci sorprese vedere la quantità di pesce secco che c’era, tutto odorava di baccalà secco; odori di casa mia!!! Siamo anche arrivati ad uno dei monasteri dove abbiamo visto i monaci buddisti mangiare dalle loro “pentole”. I monaci mangiano due volte al giorno, colazione e pranzo prima delle 12.00 e possono mangiare solo ciò che la gente gli offre.
Va bhé andiamo a Kalaw che siamo già fuori dalla tabella di marcia!!!
Trekking verso il lago Inle
Dato che non è giusto che noi siamo sempre al caldo mentre voi patite il freddo siamo solidali. Dopo 9 ore di autibus notturno e con una temperatura fresca di 4 gradi siamo arrivati a Kalaw. Siamo venuti fino a qui per fare un trekking, di tre giorni fino al lago Inle. Prima di partire per il trekking ci siamo rilassati un giorno per essere al pieno delle nostre forze approfittando della tranquillitá di Kalaw dove solo abbiamo visto la stupa con un mosaico di vetri ed il mercato. Il trekking lo abbiamo prenotato con Sam’s Restaurant e non avrebbe potuto essere migliore
Giorno 1
Vi presentiamo la squadra, capitanata da due locali Do (la guida) e Mee Too (il cuoco) con una rappresentanza di metà Europa: un Polacco, una Tedesca, due Inglesi, due Francesi, un’Italiana ed un Ungherese sotto le vestigia di Martin, Inke, Caroline, Jo, Melanie, Gerard, Rachele y Gábor. Subito ci siamo resi conto che formavamo un buon gruppo abbastanza bilanciato in quanto ad età.
Appena usciti da Kalaw ci siamo addentrati in un bosco ed abbiamo iniziato a conoscere i nostri compagni di squadra. Il paesaggio era molto interessante e molto vario. All’inizio era secco, per trasformasi poco a poco in un bosco e lasciare poi il posto a dei campi enormi!
Siamo passati per varie comunità, quando vedevamo qualche locale eravamo molto incuriositi, il bello era che anche loro erano molto incuriositi da noi! Lungo il cammino abbiamo incontrato bambini, ragazze, donne e uomini e tutti ci salutavano con un grande “Minga Laba” (Ciao); da subito abbiamo iniziato a regalare braccialetti, sapevamo già prima di partire che ne avremmo regalati molti in questi giorni.
Dopo circa tre orette di camminata arrivammo a Sharpin, una comunità della etnia Danu dove siamo stati accolti in casa da una famiglia e abbiamo mangiato un bel piatto di noodle che Mee Too ci aveva preparato. Ci siamo riposati due orette, perché come dice Do, siamo in vacanza e non c’è fretta, ed abbiamo approfittato per fare altri braccialetti.
Il paesaggio che ci accolse il pomeriggio era un miscuglio tra secco ed arbusti verdi; nel cammino abbiamo incrociato molti buoi e molti locali che lavorano nei campi, e non solo…
Giusto giusto per il tramonto siamo arrivati a Kyauk Su, una comunità dell’etnia Pau dove abbiamo trascorso la notte. Nemmeno fatto a tempo a lasciare gli zaini nel letto e ci ritrovammo tutti i bambini della comunità davanti alla porta; eravamo l’attrazione principale! Rachele cercò di interagire con loro, qui non parlano nemmeno Birmano, ma un dialetto; tanto a noi poco cambiava. Meno male che stanno studiando un po’ inglese, così siamo riusciti a comunicare un pochino. Iniziammo con le cose più semplici le presentazioni per poi continuare con l’elencare ed indicare le varie parti del corpo ed i vestiti. Dopo mezz’oretta comunicavamo a prendere un po’ di confidenza ed iniziò lo spettacolo! Alla fine ci siamo ritrovati a ballare canzoni locali e la maccarena con pubblico ed applausi.
Abbiamo ballato fino a che non c’era più luce e fino a che le madri non vennero a chiamare i bambini per la cena, anche Gábor venne a chiamare Rachele per la cena. E’ stato molto divertente per tutti: i ballerini (Rachele ed i bambini), il cameraman (Gábor) ed il pubblico (i nostri compagni di trekking). Cenammo riso, diversi curry di verdura, di pollo e di tofu con dessert incluso. Dopo cena ci siamo uniti attorno ad un fuoco con i ragazzi più grandi della comunità a cantare canzoni ed a suonare la chitarra, era un miscuglio di canzoni birmane, francesi, inglesi ed italiane; ogni canzone finiva gridando “Iammui!!” (molto bene!) nel dialetto locale. Questa prima giornata di trekking non poteva essere migliore, ci siamo divertiti da matti!
Giorno 2
Dopo aver fatto una buona ed abbondante colazione (Mee Too ci fa ingrassare da quanto bene cucina) ed aver salutato i nostri nuovi amichetti, siamo partiti per la seconda giornata di trekking. Il paesaggio cambiava da secco a campi coltivati, attraversammo molte comunità, con molti Minga Laba, ascoltammo le cose molto interessanti sulla politica e la cultura birmana che Do ci raccontava, regalammo braccialetti e… abbiamo visto una pianta di ananas.
Mangiammo un altro pranzo appetitoso di Mee Too e ci siamo rimettemmo in cammino; faceva molto caldo ma presto arrivò un meritato premio, un piccolo fiume in cui abbiamo potuto fare il bagno, le donne da una parte gli uomini da un’altra. Rachele e le ragazze andarono con le donne, alcune si stavano facendo il bagno, altre stavano lavando i panni. Loro si lavarono un po’ per togliersi un la polvere da dosso. Ovviamente da brave bambine dopo essersi lavate si misero la crema solare ed una ragazza locale volle provarla, dovemmo spiegarle che non se la mettesse negli occhi, alla fine tutte le ragazze locali avevano il viso coperto da crema solare; fu molto simpatico. Gábor con i ragazzi trovò una pietra in mezzo al fiume e si sedette con i piedi in ammollo, osservando la tranquillità del luogo.
Continuammo tra campi e comunità vedemmo molti buoi che trainavano carri, bambini giocando con l’acqua e molte donne lavorando nei campi.
Il paesaggio era molto bello pieno di terrazze coltivate la cui forma ricordava un anfiteatro e come sfondo delle montagne boscose.
Anche oggi regalammo vari braccialetti fino ad arrivare a Puttu, un’altra comunità Pao dove trascorremmo la notte. La particolarità della comunitá Pao e che tutte le donne sono vestite di nero e portano un turbante dai colori sgargianti.
Dobbiamo dire che nonostante la quantità di turisti che ci sono in questo periodo in questa zona, noi, in questi due giorni, non ne abbiamo trovato nemmeno uno, grazie a Do che ci ha portato per altri cammini.
A Puttu ci accolse una famiglia che era super contenta di vederci, come sempre subito arrivarono i bambini della comunità, l’unica cosa è che qui sono più abituati ai turisti e ti chiedono subito cose. Rachele è riuscita a fare un Girotondo con due bambine e la soddisfazione più grande è stata vederle continuare giocare anche dopo che se n’era andata. Dopo cena abbiamo fatto un gioco con i nostri compagni di avventure che a parte di essere divertente ci ha permesso di conoscerci un po’ più a fondo.
Giorno 3
Il mattino successivo, dopo un abbraccio da parte della signora della casa continuammo il nostro trekking. Incontrammo altri bambini, regalammo altri braccialetti,ci fermammo a bere qualche cosa dove c’erano dei bambini che giocavano ad un gioco tipo bigliardo ma con delle fiche e con le mani. In quanto a paesaggio è stata una giornata abbastanza monotona e non nascondiamo il fatto che eravamo abbastanza stanchi di camminare.
Dopo alcune ore siamo arrivati a Tone Lae,vicino al lago Inle dove abbiamo mangiato, salutato Do e Mee Too e preso la barca per Nyaungshwe, la nostra prossima destinazione nel lago Inle. Abbiamo navigato lungo un fiume circondato da campi galleggianti dove i contadini coltivano andando in barca,una cosa molto particolare. Attraversando il lago per arrivare a Nyaungshwe ci siamo goduti il paesaggio ed le centinaia di pescatori con le loro reti.
Siamo arrivati al nostro ostello, morti ma contenti per avere trascorso queste tre giornate indimenticabili. Ringraziamo moltissimo Do per averci spiegato molte cose della cultura birmana che vi racconteremo.
Lago Inle, giardini ed orti galleggianti, villaggi di palafitte e pescatori veramente originali
Dopo esserci riposati un pomeriggio intero de avere cenato degli gnocchi fatti a mano in un ristorante di Nyaungshwe, il giorno successivo siamo andati con Caroline a fare un giro in bicicletta per esplorare la zona.
Dopo una buona e ricca colazione abbiamo iniziato a pedalare in direzione Ming Thauk. La strada costeggia molti campi di canna da zucchero dove delle donne stavano facendo la raccolta e tagliando le canne una ad una a mano. Ci è passato davanti anche un serpente enorme che ci ha fatto un po’ di impressione. A Ming Thauk c’è un mercato molto bello dove i venditori, che vivono nei vari villaggi di palafitte situate attorno al lago Inle, arrivano e se ne vanno in barca. Nemmeno farlo apposta siamo arrivati nel momento migliore, quando se ne stavano per andare così abbiamo potuto assistere alla sfilata di persone caricare le loro barchette; un momento molto colorato e particolare.
Vicino al punto di carico delle barche su dei dei campi di riso alcuni bambini stavano giocando con il fango. Ci siamo avvicinati e gli abbiamo regalato dei braccialetti. Il bambino più piccolo era il più carino e simpatico.
Dopo una pausa all’ombra ed avere parlato con un signore e la sua bambina ci siamo diretti ad un altro lato di Ming Thauk dove c’è un ponte di legno lungo 400 metri che conduce ad un villaggio di palafitte. Il ponte è davvero bello, ogni tanto ci sono delle tettoie con delle panchine in cui ci si può sedere ad osservare il paesaggio e riposare all’ombra.
In questa zona i barcaioli hanno una maniera tutta loro di remare, e lo fanno con un piede, esatto con un piede. Questa forma di remare è usata sopratutto dai pescatori che hanno la necessità di usare una mano per tenere la rete e remano con l’altra e con il piede. Vicino al ponte passano molte barchette e quasi tutti remano alzando una gamba.
Abbiamo contrattato una barchetta per fare un giro per il villaggio di palafitte così abbiamo potuto vedere da vicino gli orti galleggianti, le persone che ci salutavano dalle case di palafitte, come costruiscono nuove palafitte de ovviamente dei bimbi giocare nell’acqua.
Terminammo la visita del villaggio in un piccolo ristorante anch’esso in una palafitta, e per casualità abbiamo ritrovato alcuni compagni del trekking. Nella strada del ritorno ci siamo fermati ad osservare ancora una volta le donne che tagliavano la canna da zucchero de altre che asfaltavano (qui asfaltare è un lavoro da donne). Non andarcene dal Lago Inle senza vedere il magnifico tramonto dall’alto di una collina piena di vigneti.
Per salutare degnamente Caroline con la quale abbiamo trascorso delle giornate molto piacevoli siamo andati a mangiare una pizza (ultimamente stiamo cedendo un po’ troppo ai cibi occidentali). Caroline speriamo di vederti presto!!!! Prossima fermata Hispaw!
Toccata e fuga a Hsipaw
Alle 3.30 del mattino i nostri due eroi arrivarono a Hsipaw, meno male che c’era la partita della Champions Manchester United – Real Madrid almeno c’era un bar aperto. Benedetti Birmani che sempre ti dicono un’ora di arrivo ed in realtà si arriva due o tre ore prima, e puntualmente sempre nel bel mezzo della notte. E’ una cosa che tutti i viaggiatori odiano a morte e criticano di questo paese. Probabilmente lo fanno per vendere i biglietti notturni altrimenti nessuno li comprerebbe. Molti viaggiatori vanno all’ostello e pagano la notte che pensavano di essersi risparmiati comprando il biglietto del bus, ovviamente noi ci piantiamo da qualche parte, in questo caso in un bar, ed aspettiamo faccia giorno per cercare una sistemazione.
A Hsipaw si viene per fare trekking sia di 1 o 4 giorni questa era anche la nostra intenzione. In concreto ci avevano parlato di uno di quattro giorni, ma non avendo sufficiente tempo a disposizione cercammo di vedere se si poteva fare in meno giorni con l’aiuto di alcuni mezzi di trasporto. Alla fine abbiamo desistito, non si poteva fare e siamo rimasti Hsipaw solo una notte.
Non abbiamo fatto grandi cose, anche perché eravamo abbastanza cotti grazie alla sorpresa del viaggio notturno, ma ci siamo goduti Mr. Shake, un bar in cui il proprietario fa dei frullati di frutta buonissimi ed uno squisito riso con il pollo. In un solo giorno ci siamo andati tre volte ed alla fine ci ha perfino fatto una foto, che se per caso capitate di là troverete esposta.
Con nostra grande sorpresa nell’ostello abbiamo ritrovato Nicoletta ed Andrea la coppia di italiani che avevamo conosciuto a Sukhotai; è stato molto divertente condividere le diverse esperienze di viaggio in Myanmar!!
La mattina abbiamo preso il treno per Pyin U Lwin, sapevamo già che quasi sempre è in ritardo ma non immaginavamo di quattro ore! Nel frattempo ci siamo intrattenuti con un bambino che era alla stazione e si divertiva a guardare tutti quanti, ed ogni tanto qualcuno gli dava qualche cosa da mangiare. Se lo meritava perché sorrideva sempre e salutava tutti. Aspettò perfino che il treno partisse per salutarci; si meritò un braccialetto.
Il treno è un treno lento che viaggia su dei binari antichi costruiti dagli inglesi, anche il treno è della stessa epoca. E’ stato un viaggio un po’ movimentato, il treno oscillava talmente tanto che a volte dovevamo aggrapparci ai braccioli della panchina di legno nella quale eravamo seduti per evitare di andare da una parte all’altra. Tutta un’esperienza!!!
Abbiamo deciso di fare questo percorso in treno perché è considerato uno dei tragitti ferroviari più bello della Birmania e perché passa per il viadotto di Gokteik, alto 100 metri. Per un momento abbiamo pensato di essere arrivati in India, ad una delle stazioni c’era un treno strapieno di Indiani. Nella stessa stazione c’erano delle bambine con una bacinella d’acqua che aspettavano pazientemente che qualcuno dei passeggeri gli chiedesse un bicchiere d’acqua a cambio di una mancia.
Dopo circa tre ore di viaggio osservando i bellissimi paesaggi, fermandoci in tutti i villaggi e godendoci le sfilate di venditori di cibo e bibite che ci sono in tutte le stazioni del treno; poco a poco ed ancora più lentamente entrammo nel viadotto di Gokteik. E’ davvero impressionante affacciarsi alla finestra e vedere sotto di te 100 metri di vuoto, una sensazione forte e piacevole.
Arrivammo a Pyin U Lwin, già di notte, eravamo stanchi per cercare un trasporto fino a Mandalay così decidemmo dormire qui e proseguire il giorno successivo.
Godendoci il caos di Mandalay
Quando la mattina a Pyin U Lwin, siamo andati per prendere il furgone che ci averebbe condotto a Mandalay gli autisti quasi fanno a botte per averci. Durante tutto il viaggio abbiamo parlato con un signore Birmano che sapeva di più di politica Europea che noi due messi assieme. I Birmani leggono molto e mai come ora ce ne siamo resi conto!!
Dobbiamo essere veramente un po’ strani noi, tutti i viaggiatori che abbiamo incontrato ci hanno detto che Mandalay non gli è piaciuta, invece a noi è piaciuta parecchio!!
Qui le strade si chiamano con numeri come a New York, perciò è abbastanza facile orientarsi. Non ha molto della grande città sembra più una piccola città molto caotica. Sarà stato perché per la prima volta in Myanamar ci sentivamo bene sia nella stanza che con il personale dell’hotel Garden molto simpatici, e non si respirava quell’aria di “ti voglio fregare” come spesso succede qui; o perché abbiamo trovato alcuni posti per mangiare che ci facevano voglia di ritornare in particolar modo un banchetto in strada che la sera si metteva a fare chapati e curry (cibo indiano) buonissimi. A noi è piaciuta molto.
Il primo giorno abbiamo fatto un giretto in centro, visitato una pagoda, ed abbiamo trovato una strada tipo mercato in cui solo vendevano aglio e cipolla, a parte l’odore che ve lo lasciamo immaginare siamo stati molto sorpresi che ci fossero un sacco di persone che mangiavano una testa di aglio come mangiare una mela, troppo forte. Per concludere la giornata ci siamo pappati un buon pezzo di anguria al mercato notturno.
Era anche la festa delle donne e noi l’abbiamo celebrata cosí: Buona festa delle donne a tutte.
Una delle cose che avevamo chiaro in testa che volevamo visitare era Mingun. A Mingun si arriva in barca in un tragitto di un ora per il fiume. All’arrivo se si vuole fare una nuova esperienza si può prendere uno di questi taxi molto originali.
In realtà il luogo è piccolo e si può visitare tranquillamente a piedi. Il colore che domina Mingun è il bianco; dalla spiaggia si arriva ad una pagoda con una scalinata tutta decorata di statue bianche.
Non potevamo mancare la visita alla campana di Mingun che dicono essere la più grande del mondo e per ultimo abbiamo lasciato il piatto forte l’Hsinbyume Paya uno dei templi più belli che abbiamo visto: tutto bianco e con delle terrazze fatte ondulate. Spettacolare.
Il pomeriggio siamo andati fino al Palazzo Reale e la sera abbiamo cenato con Nicoletta de Andrea che erano arrivati da Hsipaw.
L’ultima giornata a Mandalay abbiamo noleggiato una moto per visitare i dintorni. Una cosa molto curiosa è che in questo paese non è più Rachele a suscitare la curiosità dei locali, i Birmani sono più interessati a Gábor dato che indossa la gonna tipica degli uomini Birmani; la trova talmente comoda che la usa perfino per andare in moto.
Con un autista in gonnella, siamo andati alla collina di Mandalay alla cui cima si arriva attraverso una scalinata di 40 minuti che sembra non finire mai, ovviamente si sale scalzi. Meno male che ogni tanto ci sono dei templi in cui ci si può riposare e venditori di cibo e acqua. Dalla cima della collina si gode di uno stupendo panorama della città. Il tempio che si trova in cima è molto originale fatto di vetri colorati, qualche cosa che non avevamo ancora visto.
Continuammo in moto fino ad arrivare a Sagaing una città sulle cui colline si trovano un enorme numero di templi con le loro stupe dorate. Sagaing vista dal ponte sul fiume Ayeyarwady è davvero spettacolare.
Siamo saliti sulla cima della collina di Sagaing dove si trovano vari templi, a noi è piaciuto molto uno in cui c’è un corridoio di forma semicircolare decorato da molti Budda dorati.
Lasciammo alla fine la cosa più emblematica del paese, il ponte U Bein. Questo ponte è il ponte di legno più lungo del mondo (1200m) ha più di mille piloni, ed è davvero incredibile. A parte l’enorme quantità di turisti, il ponte è molto transitato anche da monaci buddisti che vanno da un lato all’altro del lago. Passeggiammo sopra questa icona del paese per poi scendere e goderci questo meraviglioso tramonto che ci rimarrà nella memoria molto a lungo.
Salutiamo Mandalay e ci dirigiamo con un altro bus notturno a Bagan, ultima fermata in Myanmar.
I templi di Bagan, un luogo unico!
Le nostre avventure a Bagan iniziarono, come in vari altri luoghi in Myanamar alle 3 della mattina al posto delle 6 dato che il bus arrivò a Nyaung U (la cittadina che si trova vicino ai templi di Bagan) leggermente in anticipo. Ovviamente non avevamo voglia di pagare la notte di alloggio così siamo andati all’ostello in cui pensavamo pernottare, siamo entrati e siamo rimasti sulle panchine del porticato a parlare, ridere e dormicchiare con Gyöngyvér y Zoltán una coppia di ungheresi che abbiamo conosciuto non appena scesi dalla corriera.
Il primo giorno ci siamo rilassati e siamo usciti solo per mangiare e la sera nemmeno quello dato che ci siamo portati in camera un pollo allo spiedo.
I giorno
Abbiamo deciso di visitare i templi andando a nostro ritmo, e nonostante sapessimo che in alcuni punti le stradine sono di sabbia e bisogna scendere dalla bicicletta, lo stesso abbiamo noleggiato due bici. Faceva caldo ma non tanto come ci aspettavamo e potemmo andare in bici senza morire “arsi”. Ci siamo fermati in vari templi, nomineremo quelli che più ci sono piaciuti.
Quando arrivammo al tempio Gubyauknge sembrava apparentemente chiuso, dal nulla apparve come per incanto una signora che ci chiese se volevamo entrare; aveva la chiave. Sempre c’è una persona responsabile per ogni tempio. Con lei c’era una bimba piccola molto carina e decidemmo regalarle un braccialetto. La signora ci accompagnò nella visita del tempio con la torcia per farci vedere i vari affreschi.
Dopo aver visto vari templi piccolini siamo arrivati al complesso di templi Buledi, ad uno di loro si poteva arrivare in cima per una scala. Da qui per la prima volta abbiamo visto ciò che veramente ci impressionò del luogo; centinaia di templi grandi e piccoli da qualsiasi parte; nord sud ovest ed est, alcuni vicini altri lontani fino alla linea dell’orizzonte (a Bagan ci sono circa 4300 templi). Spettacolo a parte questo ci servì un po’ per orientarci e decidere quali tra i tanti templi volevamo visitare.
Ci dirigemmo al tempio Sulamani, bellissimo tanto fuori come dentro, ci sono degli affreschi enormi e molto ben conservati. Questo è il tempio favorito di Rachele.
Continuammo fino al tempio Dhammayangyi il più grande di tutti a forma di piramide che all’interno sembra più una fortezza che un tempio.
Terminammo la mattinata di visita con i templi North Guni y South Guni dove abbiamo trovato dei bambini monaci molto simpatici. Mentre noi salivamo in cima al tempio North Guni loro salirono in cima al tempio South Guni e si misero in posizione affinché gli facessimo delle foto e poi ci mettemmo a parlare gridando noi da un tempio e loro dall’altro, molto divertente.
Il pomeriggio dopo esserci “sorati” e riposati un po’ siamo andati a vedere il tramonto nel tempio Pyathada. La strada in vari punti è piena di sabbia ed abbiamo dovuto scendere dalla bici varie volte ma ne valeva la pena. Anche se il tramonto non era proprio il massimo, per noi è stato bellissimo vedere come il sole scendeva dietro a templi piccoli che si vedevano all’orizzonte.

II giorno
Con Zoli y Gyöngyvér siamo andati a visitare i templi di Old Bagan. Qui si trovano i templi più famosi e decorati nella parte esteriore. Ci siamo fermati alla pagoda Ananda, il tempio è in ristrutturazione ma si può entrare. Ci sono quattro Budda dorati enormi. E’ stato interessante vedere le scarpe antinfortunistica che usavano: I LORO PIEDI (siamo dentro ad un tempio e le scarpe non sono ammesse nemmeno per loro).
Il tempio Shwesandaw Pay è uno di quelli in cui si può salire in cima per una scala abbastanza ripida; da un lato si vedono i templi di Old Bagan dall’altro si vedono altri templi piccolini. I templi Thatbymnyu y Gawdaw Palin sono carini da fuori ma non hanno nulla di speciale dentro mentre tra i corridoi buii del tempio Shwegugyi ci sono degli affreschi molto belli.
Il pomeriggio siamo andati a vedere il tramonto da uno dei luoghi più turistici la Shwesandaw Paya. Noi arrivammo abbastanza presto per prendere il posto in prima fila; siamo abbonati rai hahahah. Questa volta si che il tramonto fu spettacolare, il riflesso del sole nel fiume dietro ai templi ci lasciò senza parole.
III giorno
Tanto avevamo apprezzato il tramonto che la mattina successiva ci siamo diretti alla Shwesandaw Paya per vedere l’alba. Ci fece sorridere il signore dell’hotel responsabile delle biciclette che pur avendo 80 anni (o almeno così sembra) si alza alle 5 della mattina per farti pagare. Arrivare alla pagoda non fu affatto una passeggiata; ci successe di tutto. Rachele si dimenticò la macchina fotografica nella stanza e Gábor dovette correre a recuperarla poi a Gábor si ruppe un pedale della bici. Con Zoli cercarono di sistemarlo ma dopo un po’ si ruppe ancora ed il povero Gábor dovette farsi l’ultimo pezzo correndo con la bici in mano. Nonostante tutto la levataccia e le disavventure ne è valsa proprio la pena arrivare fino a qui. E’ una sensazione indescrivibile vedere come la luce inizia ad illuminare i templi e come il sole poco a poco appare. Il massimo della bellezza si raggiunge quando si alzano le mongolfiere di turisti ed allo stesso tempo si possono vedere il sole sorgere, la moltitudine di templi e le mongolfiere, uno spettacolo che ti lascia a bocca aperta e che ricorderemo molto molto a lungo.
Rientrammo all’ostello per fare colazione, Zoli e Gyöngyvér trainarono la bici di Gábor. Il pomeriggio siamo andati a vedere il museo del Thanaka e finalmente Rachele riuscì a farsi truccare il viso.
Passammo per la Shwezigon Paya, un tempio con una stupa dorata, bello ma siamo un po’ saturi di stupe dorate.
Per salutare Bagan siamo andati sopra ad uno dei templi del Buledi dove ci siamo distesi all’ombra a contemplare in solitudine per l’ultima volta la vastità del territorio pieno di templi, una meraviglia opera di vari re un po’ pazzi.
Senza dubbio Bagan è stato uno dei luoghi che più ci ha lasciato il segno in Myanmar, ed una buona ultima tappa per salutare il paese. Rientriamo a Bangkok.
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