Scritto da Rachele Cervaro
Il Laos sorprende fin dal primo istante per la sua calma e autenticità. Strade sterrate, villaggi che sembrano fermi nel tempo, fiumi che attraversano paesaggi verdi e città in cui l’eredità coloniale convive con i templi buddisti. Questo insieme crea un’atmosfera speciale che invita a scoprirlo con tutti i sensi aperti.
Nel nostro percorso da nord fino alle 4000 isole, al confine con la Cambogia, abbiamo vissuto esperienze che vanno oltre un semplice itinerario. Questo diario raccoglie momenti che hanno segnato il nostro passaggio in Laos: la gente, i sapori, le tradizioni e quel modo di vivere che vale la pena conoscere.
Scendendo verso sud, il legame tra natura e cultura diventa ancora più evidente. Villaggi autentici, rituali che si tramandano di generazione in generazione e un’ospitalità che si percepisce in ogni incontro. Anche se il Laos non è una meta di grandi folle, il suo vero fascino risiede nella tranquillità e nella sincerità dei suoi paesaggi e della sua gente.
Qui condividiamo paesaggi indimenticabili, momenti speciali e consigli pratici per chi desidera avvicinarsi al Laos con calma e con il cuore aperto.
Muang Sing
Siamo entrati in Laos da Chiang Kong, un paesetto sulle sponde del Mekong, lato tailandese. Scesi dal bus abbiamo conosciuto una coppia belga con la quale siamo andati a mangiare l’ultimo pad thai. A bordo di un tuk-tuk abbiamo raggiunto il porto, timbrato il passaporto e preso una barca per attraversare il Mekong. Il viaggio è durato meno di dieci minuti ed eravamo già a Huay Xai in Laos. Fatto il visto, che costò 35 dollari a Rachele e 30 a Gábor, abbiamo trovato un ostello e passato il pomeriggio a rilassarci con gli amici belgi bevendo birra e parlando.
La mattina successiva ci siamo diretti verso Luang Nam Tha, una piccola città nel nord del Laos. Subito abbiamo capito che qui tutto è molto più rilassato rispetto alla Thailandia, vige il famoso “Laos Time”. La strada per Luang Nam Tha è in buone condizioni ma con molte curve. Il paesaggio è meraviglioso: montagne verdi e piccole comunità.
Arrivati a Luang Nam Tha, abbiamo preso un tuk-tuk per la stazione degli autobus locali. Ci dissero che il bus era pieno; una bugia, ma non abbiamo potuto fare altro che aspettare un’ora e mezza prima di prendere il successivo per Muang Sing, un paesetto a 10 km dalla frontiera cinese. La strada era pessima e l’autista mezzo matto; invece di godere il paesaggio eravamo aggrappati a qualsiasi cosa per non sbattere la testa. Molte comunità vivono ai bordi della strada, le case vicine tanto che si vede dentro. Arrivati, pranzo, cena e subito a letto.
Tutte le mattine a Muang Sing si svolge il mercato della mattina dalle 6 alle 8, con signore che vendono prodotti del campo: frutta, verdura, carne, pesce e persino vestiti. Molto bello da vedere, colori vivaci e abiti tradizionali.
La maniera migliore di vedere i dintorni di Muang Sing è affittare una bicicletta. Gli ostelli in Laos sono economici, il cibo un po’ più caro, ma i trasporti costosi. Dopo colazione e due chiacchiere con Ester e Frank, un’altra coppia belga, siamo partiti per visitare comunità di vari gruppi etnici al confine con Cina e Birmania. Giornata uggiosa all’inizio, nebbia, poi sole stupendo. Arrivati alla comunità di Poungkok, accolti da circa 10 bambini al grido “Sabaidee, Sabaidee!”, che in laotiano significa Ciao. All’inizio timidi, poi risate e giochi con noi; volevano tutti una foto personale.
Gli adulti sembravano infastiditi dalle foto. Le case sono molto semplici, molte senza finestre, polvere ovunque; i bambini però felici, con gli occhi brillanti.
Proseguimmo in bici e a piedi per la pessima strada, tra risaie, montagne, piantagioni di banane e piccole comunità. Vedemmo una scuola e persone lavorare i campi a mano. Paesaggio bellissimo e tranquillità totale.
Ci siamo persi varie volte, ma alla fine tornati sulla strada principale fino a un ostello con ristorante. Con la pancia piena siamo partiti per un’ultima comunità. Era sabato, scuole chiuse, poca gente in strada. Trovammo bambini che giocavano a bocce, molto popolare essendo il Laos ex colonia francese.
Al rientro a Muang Sing, l’esperienza e l’incontro con i bambini dei diversi gruppi etnici sono diventati un bel ricordo. Ci fa pena vedere le condizioni in cui vivono, ma siamo felici che siano contenti.
Luang Nam Tha
Gli ultimi giorni dell’anno li abbiamo trascorsi a Luang Nam Tha.
Siamo arrivati da Muang Sing il 30 dicembre e tra cercare un ostello e fare un giretto per la città si è fatto sera.
L’ultimo giorno del 2012 è stata una giornata stupenda. Sfidando le nuvole grigie, la minaccia di pioggia e con una cartina poco chiara, abbiamo noleggiato un motorino e siamo andati a visitare i dintorni di Luang Nam Tha.
Abbiamo imboccato la strada che porta a una cascata, passando per alcune comunità di Black Thai (nome derivante dalla giacca nera che indossano le donne). Ci siamo fermati a una scuola senza studenti e abbiamo osservato una signora che preparava il nuovo tetto della sua casa con foglie di palma. Con lei c’erano dei bambini che all’inizio ci salutarono entusiasti con “Sabaidee!!!”, poi si nascosero dietro la casa quando videro la macchina fotografica, senza smettere di guardare e salutare. Ritornati al motorino ci accorgemmo che avevamo perso la chiave. Cercammo ovunque, ma alla fine due bambini della scuola ce la restituirono.
Arrivati alla cascata, attraversammo altre comunità, assistemmo a una cerimonia sconosciuta e vedemmo bambini giocare con trottole, tirandole con un bastone legato a una cordicella mentre gli altri cercavano di colpirle con le proprie trottole.
La cascata era piccolina ma carina. Qui incontrammo un gruppo di ragazzi con bottiglie di birra che andavano a fare festa.
Proseguimmo verso un tempio su una collina vicino alla città. Non entrammo perché un signore voleva 2 euro a testa. Facemmo alcune foto dall’esterno e ce ne andammo. In Laos sembra che tutti i templi siano a pagamento, diversamente dalla Thailandia. Visitammo anche una stupa raggiungibile tramite una lunga scalinata.
Siccome le comunità erano l’attrazione principale, ripartimmo in moto per vederne altre. Era l’ultimo giorno dell’anno e nei villaggi si festeggiava sin dal pomeriggio, con musica alta, karaoke e riunioni di amici e familiari.
Passammo di villaggio in villaggio, accolti da un gran “Sabaidee!!!”. In una casa ragazzi giocavano a Sepak Takraw con un pallone di bambù, sport tipo pallavolo usando solo piedi e testa. Gábor giocò con loro e si divertì moltissimo, mentre Rachele fotografava i bambini nelle vicinanze.
Per salutare il 2012 andammo al mercato notturno e mangiammo anatra ai ferri e sticky rice, accompagnati da una fresca Beer Lao. L’anatra era buonissima e si sposava bene con la birra.
Il 2012 è stato per noi un anno grandioso, ricco di esperienze, nuove amicizie e la realizzazione del viaggio della nostra vita. Lo abbiamo celebrato in vero stile “viaggiatore”.
Dal Laos vi auguriamo Felice Anno Nuovo!!!
Muang Ngoi e Nong Khiaw
Il Laos è ricco di fiumi e per molto tempo il mezzo di trasporto principale era la barca. Le poche strade presenti sono state costruite dai cinesi per motivi commerciali con il resto del Sud-est asiatico. Oggigiorno continuano a scarseggiare e molte di quelle strade sono in pessime condizioni.
Il nostro 2013 è iniziato con una levataccia per prendere un autobus da Luang Nam Tha fino a Pak Mong. Per percorrere poco più di 200 km ci abbiamo messo quasi 6 ore, perché le strade sono asfaltate solo in alcuni tratti. A Pak Mong abbiamo preso un tuk-tuk e alla fine siamo arrivati a Nong Khiaw.
Il fiume Nam Ou divide il paesetto di Nong Khiaw, collegato da un ponte. Da un lato vivono le persone locali, dall’altro le guest house. Dopo aver trovato una sistemazione, siamo andati a pranzare, fatto una passeggiata per il paese e osservato il tramonto. Nong Khiaw è molto tranquilla, con pochi turisti, e le montagne attorno al fiume rendono il luogo piacevole e rilassante.
Come molti visitatori, abbiamo preso una barca che risalendo il fiume Nam Ou ci ha portato a Muang Ngoi. Dalla barca si vedeva come tutto ruotasse attorno al fiume: piccoli villaggi, bambini che pescano e fanno il bagno, donne che lavano i vestiti, bufali nelle acque. Il paesaggio è dominato da montagne altissime e boschi tropicali.
Nonostante si arrivi solo in barca, Muang Ngoi è ormai scoperta dal turismo, con molte guest house e diverse possibilità di trekking. Noi ci siamo sistemati in un bungalow senza acqua calda, con vista sul fiume. La corrente elettrica è fornita da generatori dalle 18 alle 21:30.
Muang Ngoi è piccolissimo, con quattro strade principali. Ci sono un piccolo mercato, una scuola, un monastero con monaci buddisti e ogni famiglia ha un karaoke. Il primo giorno abbiamo conosciuto Walt, un pensionato canadese in viaggio come noi, e abbiamo trascorso il pomeriggio scambiandoci consigli. Ogni sera cenavamo in un buffet vegetariano per 1,5 euro, talmente buono che ci fermavamo sempre lì.
Dal paese partono sentieri che conducono a villaggi tra le montagne. Il paesaggio lungo i percorsi è impressionante: campi di riso, fiumi, montagne altissime e vegetazione densa.
Abbiamo visitato due villaggi nei dintorni di Muang Ngoi: Huey Sen, con case di legno semplici, animali liberi, bambini che salutano con un “Sabaidee” e adulti che ci osservano con diffidenza. Il turismo qui è frequente, ma gli abitanti traggono comunque qualche beneficio dai soldi lasciati dai visitatori.
Per raggiungere l’altro villaggio, Banna village, abbiamo attraversato un fiume su pietre scivolose, quindi ci siamo tolti le scarpe. Il percorso continuava tra campi di riso secchi ma molto suggestivi.
Essendo il villaggio più vicino a Muang Ngoi, riceve più visite, ma la gente ti lascia tranquillo. Qualche bambino sorride, ti saluta e si mette a giocare con te.
L’ultimo giorno ci siamo rilassati nelle amache del nostro bungalow guardando il fiume, disturbati solo dalla musica locale a tutto volume. Nel pomeriggio abbiamo passeggiato lungo il fiume godendoci il tramonto in una piccola spiaggia. La seconda notte abbiamo cambiato bungalow a causa di un gallo nel nostro, scoprendo che era stato assegnato a Esther e Frank, nostri amici arrivati nel frattempo.
Con un’altra barca siamo rientrati a Nong Khiaw per un ultimo giorno. La mattina le montagne erano coperte da nuvole basse che lentamente si dissolsero, mostrando il magnifico paesaggio.
A Nong Khiaw siamo andati a vedere una grotta usata come rifugio durante la guerra. Non era spettacolare, ma il paesaggio e la tranquillità meritavano. Cenammo con Esther e Frank, bevendo birra e chiacchierando, sperando di rivederli da qualche altra parte.
Un viaggio in barca di 6 ore fino a Luang Prabang ci aspetta.
Questo è il centesimo post che pubblichiamo nel nostro blog. In questo viaggio abbiamo fatto e stiamo facendo molte esperienze che vogliamo condividere con voi. Speriamo che il vostro entusiasmo nel seguirci sia ancora vivo come lo è il nostro nello scrivere, perché non smetteremo di raccontarvi le nostre avventure. Eccovi la nostra avventura numero 100: l’attraversata in barca nei fiumi Nam Ou e Mekong, una bellissima esperienza.
A Nong Khiaw abbiamo preso una barca fino a Luang Prabang. Nonostante il viaggio fosse più lungo di quello per Muang Ngoi, ci toccò una barca molto piccola con sedie di legno.
Siamo partiti con un po’ di ritardo, “Laos Time”, rotta Luang Prabang. Il fiume principale del percorso è il Nam Ou. Il paesaggio è spettacolare: montagne coperte dalle nuvole la mattina che poi si dissolvono, foresta tropicale e rocce enormi sulle sponde del fiume.
Durante le 6 ore di viaggio abbiamo visto come la vita dei villaggi si svolge lungo le rive: bambini che pescano, nuotano, vanno in canoe e fanno il bagno nudi, donne che lavano i vestiti e si bagnano mezze vestite, monaci con la tunica arancione seduti sulle sponde, persone che lavorano nei campi. Ancora una volta abbiamo compreso l’importanza del fiume per queste comunità.
In alcuni punti la corrente era forte e, dato che la barca era piccola, ci siamo bagnati abbastanza. Dove la corrente era più intensa ci hanno fatto scendere e percorrere un tratto a piedi, utile per sgranchire le gambe addormentate dalla posizione scomoda.
L’ultima ora di tragitto l’abbiamo fatta sul Mekong, più largo, più sporco ma più tranquillo. Era già l’ora del tramonto e quando arrivammo a Luang Prabang il cielo era tinto di giallo.
È stato un viaggio faticoso ma incredibilmente bello, con paesaggi che meritano di essere visti. Ora siamo a Luang Prabang, capitale turistica del Laos, dove ci riposeremo dopo questa traversata in barca.
Luang Prabang
Quando si arriva a Luang Prabang venendo dal nord del Laos, l’impatto con la città è immediato: sembra di entrare in “terra straniera” all’interno dello stesso paese. Percorrendo alcune strade alla ricerca di un alloggio, si nota subito come le case siano curate, a differenza di quelle viste finora. Anche gli ostelli sono belli e più costosi, ma noi ne abbiamo trovato uno a un prezzo decente, con acqua calda e wi-fi.
Siamo rimasti quattro notti a Luang Prabang. La città mostra chiaramente l’impronta della dominazione francese: l’architettura ricorda una città europea, ci sono scuole bilingue e un ambiente con molti bar e ristoranti, un contrasto piacevole dopo settimane in luoghi più isolati e poveri.
La città è anche un centro buddista importante, con templi e monasteri ovunque. Noi abbiamo visitato quelli minori, senza ingresso a pagamento. Un pomeriggio alle 18.00, ora della preghiera dei monaci, siamo andati in alcuni templi per ascoltare i loro canti. Ci siamo messi in posizione di preghiera in segno di rispetto. I monaci, per lo più giovani, ci hanno accolto con piacere, mostrando come la vita religiosa si intreccia con quella cittadina. Alcuni monaci avevano circa 10 anni.
Il colore arancione dei monaci inonda le strade: li si vede attraversare ponti di bambù, camminare per le vie, andare a scuola o a pranzo. Luang Prabang senza di loro non sarebbe la stessa città.
Lungo le sponde del Mekong si può passeggiare, trovare bar e ristoranti e anche opzioni economiche per il pranzo. Noi spesso mangiavamo minestra o noodles con verdure con il panorama del fiume come sottofondo.
Un’altra attrazione turistica è il mercato notturno, con venditori di artigianato e cibo. In una via secondaria ci sono buffet a 1 eur, carne e pesce esclusi. Una sera abbiamo preso un piatto del buffet e un pesce fresco alla griglia per soli 2,5 eur.
La cosa più speciale è la raccolta mattutina delle offerte di cibo da parte dei monaci, verso le 6. Molti turisti assistono all’evento, ma noi siamo stati in una strada secondaria per viverlo con più tranquillità.
Per completare il relax, ci siamo concessi qualche massaggio laotiano con aromi essenziali, più leggero e rilassante di quello thailandese.
Salutiamo Luang Prabang, una città accogliente dove, pur senza crescere culturalmente né fare molta attività fisica, ci portiamo un ricordo speciale di luoghi tranquilli in mezzo ai turisti.
Vientiane
Vang Vieng come città non offre nulla di imperdibile: è piena di bar e ristoranti dove trasmettono la serie “Friends” tutto il giorno, e il tipo di turisti presenti non è il nostro genere. L’attività principale è il tubing, cioè scendere il fiume su una camera d’aria. Negli ultimi anni, a causa di incidenti, l’attività è stata resa più sicura.
Secondo quanto si dice, vale la pena vedere i dintorni. Noi avevamo intenzione di noleggiare una moto per esplorare la zona, ma siccome Rachele si è sentita poco bene, abbiamo trascorso i due giorni in camera.
Dato che la scadenza del visto era vicina, abbiamo deciso di andare a Vientiane senza prolungare il soggiorno a Vang Vieng.
Vientiane è la capitale del Laos, una città grande con supermercati enormi e centri commerciali, una novità rispetto al resto del paese. Abbiamo trascorso due giorni e mezzo qui. Anche in città si respira la calma tipica del Laos, come se tutto procedesse lentamente.
Il pomeriggio dell’arrivo abbiamo incontrato David, un ragazzo ungherese che lavora a Bangkok. Con lui abbiamo passeggiato al mercato notturno, bevuto birra, mangiato pollo alla griglia con riso appiccicoso in un ristorante di strada e chiacchierato sulla terrazza dell’ostello.
Il giorno successivo siamo andati all’ambasciata cambogiana per il visto e poi a visitare la città. Siamo passati dal Pra That Luang, il monumento nazionale più importante, ma era chiuso all’ora di pranzo, quindi abbiamo pranzato in un piccolo ristorante locale con carne e riso.
Abbiamo visto il Patuxai, l’arco di trionfo laotiano, il centro commerciale Talat Sao e alcuni templi. Con il caldo finalmente presente, camminavamo cercando l’ombra. La sera ci siamo concessi un massaggio rilassante con olio aromatico e poi abbiamo mangiato costicine di maiale ai ferri accompagnate da una Beer Lao.
Il secondo giorno lo abbiamo dedicato al Buddha Park, con numerose statue di Buddha, tra cui una distesa e un’altra su cui si può salire. Qui abbiamo incontrato Jose Luis e Belém, due ragazzi spagnoli in giro per il mondo, che ci hanno dato consigli sul sud della Thailandia. Sul bus di ritorno abbiamo conosciuto anche due ragazzi italiani, Federico e un amico, anch’essi in viaggio in Laos.
A Vientiane si respira un’aria moderna laotiana, un miscuglio che ci è davvero piaciuto.
Falangs nel Bolaven Plateau
Arrivammo a Pakse dopo dieci ore di viaggio in un bus di Winnie de Pooh. È stato il viaggio in autobus più comodo che abbiamo mai fatto: lo sleeping bus asiatico ha letti.
Pakse è una città che non offre molto da vedere, la cosa più interessante è il Bolaven Plateau. Durante la colazione con tè, caffè e biscotti abbiamo conosciuto Jonathan, un ragazzo austriaco che viaggiava da solo. Dopo un piccolo giro per la città abbiamo trovato le moto. Lasciato lo zaino grande a Pakse, alle 10 del mattino eravamo già in sella a imparare a guidare con il cambio manuale. All’inizio è stato un po’ complicato, ma presto ci siamo sentiti esperti.
Il Bolaven Plateau è un grande altopiano nella provincia di Champasak con numerose cascate, piantagioni di tè e caffè e piccoli villaggi. Per esplorare la zona ci sono due percorsi: il Big Loop di quattro giorni e lo Small Loop di tre. Noi abbiamo scelto lo Small Loop e con Jonathan ci siamo diretti a Tad Lo. La prima tappa è stata alle cascate di Tad Phasuam, immerse in un bosco molto suggestivo.
Lungo la strada ci accoglievano piantagioni di caffè. Era il periodo della raccolta e i cortili delle case erano pieni di chicchi stesi al sole. Ci siamo fermati a fotografare e i proprietari ci hanno mostrato il processo, offrendoci chicchi verdi ancora senza aroma.
Più avanti, in un villaggio, un gruppo di bambini ci ha accolto gridando “Sabaidee!”. Forse non erano abituati a turisti, perché ci hanno circondato curiosi, chiedendoci foto per poi vedersi nello schermo della macchina fotografica. Rachele regalò una maglietta a una bambina, che fu felicissima. Al momento dei saluti, tutti i bambini corsero in strada gridando “bye bye”. È stato uno dei momenti più belli del viaggio in Laos.
Non potevamo andarcene senza assaggiare il caffè locale. Ci siamo fermati in una guesthouse che serviva un caffè eccellente accompagnato da banane e arachidi fatti in casa. Veniva preparato con una moka italiana, e il proprietario ci ha detto che avrebbe avuto bisogno di una moka più grande: in cambio offriva alloggio gratis.
Arrivati a Tad Lo, ci siamo fermati alla guesthouse Mamapap’s, semplice e un po’ hippie, ma accogliente. Mama, la proprietaria, cucinava in modo straordinario con porzioni enormi. Abbiamo assaggiato la migliore minestra di verdure del Laos e un pancake di banana gigante. La sera, Rachele e Jonathan fecero braccialetti per i bambini e parlammo con altri viaggiatori, tra cui dei francesi che ci convinsero a cambiare i piani per il giorno seguente.
Il secondo giorno siamo andati verso Tad Alang. La strada principale del loop era buona, ma quella che portava alle cascate era di terra rossa e
Le 4000 isole del Laos
Nel Mekong c’è un arcipelago che si chiama Si Phan Don, conosciuto anche come le 4000 Isole, in realtà anche se non sono 4000, sono molte lo stesso. Alcune di queste isole durante la stagione delle piogge quando il Mekong è in piena sono sommerse.
Le isole più conosciute tra i turisti sono tre: Don Khong, la più grande e tranquilla, Don Det l’isola della festa e Don Khon, un’isola molto rilassante.
Come prima isola abbiamo scelto la grande Don Khong, in quest’isola ci sono pochi turisti basti pensare che ci saranno 10 guesthouse e 6 ristoranti. L’isola è abbastanza grande e le persone locali fanno la loro vita nel fiume Mekong. I bambini fanno il bagno, le donne lavano i vestiti ed i buoi si rinfrescano. Gábor non stava molto bene così abbiamo approfittato per rilassarci un po’. Rachele uno dei due giorni è andata a fare un giro in bici ma non fece più di tanta strada perché si fermò ad osservare i campi di riso, le donne e le ragazze che lavorano, il tramonto nel Mekong, rispondere ai bambini che gridavano “Sabaidee!!!”, dispensare loro braccialetti e poi vederli sprizzare gioia da tutti i pori per il regalo ricevuto. In quest’isola non c’è nulla di particolare, solo apprezzare il tutto.
La seconda isola che abbiamo scelto è stata Don Khon, piú tranquilla della vicina Don Det, a Don Khon si trovano tutte le attrazioni naturali. Con una bicicletta noleggiata e mezza scassata, siamo andati a vedere la cascata di Khone Phapheng, la cascata più grande per portata d’acqua di tutto il sud est asiatico.
Siamo anche andati nel punto da cui si possono a volte vedere i delfini Irawadi, una specie molto rara che c’è solo qui. Si hanno più possibilità di vederli andando a fare un giro in barca, noi non ne avevamo voglia. Per l’ennesima volta ci siamo meravigliati dell’incredibile tramonto. Il sole nonostante sia ancora molto alto è di un color arancione intenso che fa persino male agli occhi guardarlo, ed a mano a mano che scende assume un colore via via più rosso (nella foto non siamo riusciti a immortalare il colore rosso). Spettacolare!!!!
Nell’isola abbiamo ritrovato una coppia di ragazzi Cileni Dennys e Angely che avevamo conosciuto a Luang Prabang e quella sera con loro ed un’altra coppia, sempre di Cileni abbiamo cenato tutti assieme!!
Prossima fermata Cambogia; i bambini del Laos vi salutano così!!!
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